Algocrazia

Algocrazia

Algoritmi al potere.

Viviamo in un tempo in cui la vera ricchezza è il controllo dei dati su di noi, disseminati in rete da noi stessi. Questo controllo è esercitato da algoritmi matematici. Secondo un filosofo molto noto, è in corso un vero e proprio tsunami di dati che si stanno riversando in rete, dati interessantissimi per chi vuole controllare le menti o più semplicemente guidarle all’acquisto.

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Alcuni affermano che siamo immersi in un’algocrazia, ovvero ci sono algoritmi al potere. Si tratta di algoritmi commerciali, ma li lasciamo fare perché non sono cattivi e funzionano benissimo. Algoritmi poco invadenti, che ci consigliano libri meglio di amici e che con discrezione orientano le nostre scelte. Algoritmi che oltre tutto ci risparmiano Giga di spam, mandandoci solo pubblicità mirata. Chi non si è mai fatto consigliare un libro da Mr. Amazon o una canzone da Dr. Spotify? E funziona! Il consiglio di solito è buono e ci soddisfa. Sono algoritmi talmente gentili da registrare gli acquisti in rete di nostri “simili” e segnalarceli al momento più opportuno, quando abbiamo la carta di credito in mano, presentandoci scritte del tipo: “Chi ha comprato questo libro, in genere ha acquistato anche…” Come fare a non ascoltarli?

Sono algoritmi che gestiscono i nostri dati in silenzio, mentre noi senza accorgerci non siamo più noi, ma solo la nostra abitudine all’acquisto. Elaborano il nostro profilo e le nostre tracce digitali (di solito cookies o fingerprinting) per vendere.

E ogni nostro dato ha un prezzo. Da alcune recenti stime pare che sapere di noi età, sesso e indirizzo valga circa mezzo dollaro, dove trascorriamo vacanze molto di più, due dollari e mezzo, se una donna è incinta o se siamo malati molto meno, rispettivamente dieci o ventisei centesimi di dollaro. Tutte informazioni che noi invece “regaliamo” nei social.

E così come prima conseguenza anche la cultura non è più autonoma, nuovi libri e nuova musica verranno prodotti solo in funzione di ciò che piace, creando un circolo vizioso. Lo stesso vale per altre forme d’arte come ad esempio il cinema. Un appiattimento che sta portando a piacerci solo le cose che piacciono. Un’omologazione senza precedenti, da fare paura.

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